
Febbre a 90'
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Letto da:
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Luca Ghignone
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Di:
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Nick Hornby
A proposito di questo titolo
"Mi innamorai del calcio come mi sarei poi innamorato delle donne: improvvisamente, inesplicabilmente, acriticamente." La passione per il football e l'amore per la squadra del cuore possono, si sa, essere così intensi da trasformare radicalmente la vita di un uomo, e così è stato per Nick Hornby, tifoso dell'Arsenal fin da bambino. In Febbre a 90' racconta in prima persona, con tono ironico e affettuoso, appassionato e divertito, gli entusiasmi e le depressioni, le impagabili emozioni e le cocenti delusioni vissute da un "ossessionato» del pallone. Una vera e propria «educazione sentimentale» del tifoso, un atto d'amore che può contagiarci per sempre, una vita vissuta ed esplorata attraverso il calcio quando il calcio era la vita.
©1997 Guanda (P)2024 Adriano Salani EditoreCosa pensano gli ascoltatori di Febbre a 90'
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Generale
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Lettura
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Storia
- Utente anonimo
- 11/05/2024
Ciao
Bellissimo da ascoltare da solo e con gli amici. Il mio primo vero libro da grandi
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Generale
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Lettura
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Storia
- Rubens
- 16/02/2025
Che fatica
In questa bizzarra biografia tematica non manca il ritmo, e mi trovo di fronte a un libro ben scritto e ben tradotto.
Molte (ma molte) parti, per chi non è appassionato di Arsenal football club, sono tediose al limite dell’inverosimile, e ci si pente di avere intrapreso l’avventura. Verso la fine, la ripetitività è così forte che ci si trascina sui gomiti.
L’autore non rinuncia all’autocompiacimento ossessivo del tifoso, che riesce così bene a descrivere, ma non altrettanto bene a evitare.
Elenchi scolastici di vincite e di perdite, scandagli minuziosi di dettagli completamente inutili,…
In questo Hornby non centra (se non di striscio) l’occasione, quella di descrivere attraverso il tema sportivo una realtà sociale particolare, e preferisce smarrirsi in una autocompiaciuta e masturbatoria modalità almanacco. Ci prova, però, e in alcune pagine sembra riuscire, ma sono pallidi accenni. Sarebbe stato, penso, da pulire maggiormente dei tecnicismi e da espandere in alcune note di colore sociale.
Hornby preferisce invece spendere molto tempo a cercare di far capire agli “altri” quale sia il senso della follia di vivere, nove mesi all’anno, in funzione di una squadra calcistica. Manspiega (o minchiarisce, avrebbe detto Michela Murgia) senza pietà, a pagine intere. Senza riuscire ad accettare che non c’è qualcosa da capire: visto dall’esterno tutto questo luna park è - e resterà - una perdita di tempo, ed è perfettamente lecito continuare a pensarla così, senza che qualcuno ci debba spiegare minuziosamente le motivazioni per cui lo fa. Laddove avrebbe dovuto esserci autoironia e ironia, ci sono scandalose indulgenza e autoindulgenza.
Si tocca il fondo nel racconto della tragedia dei tifosi della Juventus del 1985 allo stadio Heysel: “In un certo senso, il loro reato era solo quello di essere inglesi. Le abitudini della loro cultura, tolte dal loro contesto ed esportate in un luogo in cui non venivano capite, uccidevano le persone”. WTF?!?
Comunque, un ritratto stupefacente del maschio occidentale etero dal secondo novecento in poi: quello che nell’adolescenza cerca riferimento nel fanatismo verso qualcosa (che sia un genere musicale, i Lego, la bici, uno sport o un videogame) e poi, anche se in grado di percepire la propria staticità, non sembra in grado di progredire, evolvere e finalmente crescere. Per dirle in breve: sa di essere un minchione, ma continua a comportarsi così, perché viene perdonato dalla società e da se stesso.
Un esempio su tutti, la parte in cui l’autore trascorre una settimana “infernale” perché la sua fidanzata manifesta interesse verso il calcio; ascolta inorridito la malcapitata suggerire (come osa?!) che in futuro, quando avranno dei figli, potranno andare a turno allo stadio per occuparsi dei bambini. Le pianta una settimana di broncio, poi finalmente - con un pretesto - fa una scenata apocalittica e fa in modo che sia chiaro che allo stadio ci andrà sempre e solo lui, lasciando la compagna a casa con i figli.
Perché la Mania è solo sua, nessuno la deve toccare, e tutti devono adattarsi al narcisismo assoluto; anche matrimoni e cerimonie familiari dovranno essere organizzati in funzione del calendario calcistico.
Nella vita reale, spero che molti uomini (ma soprattutto donne) abbiano imparato a stare alla larga da questi bambini narcisisti pericolosi: l’autoconsapevolezza non adeguatamente accompagnata da autoironia - e da introduzione di meccanismi di cambiamento - suona manipolatoria e pericolosa.
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